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Introduzione - Monomi - Polinomi - Prodotti notevoli - La divisione

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I Monomi


L'elemento più semplice studiato in algebra il monomio: i monomi sono i mattoncini base su cui costruire tutte le espressioni algebriche.
Possiamo introdurre il monomio come una quantità che si può indicare con un gruppo unico di numeri e lettere.

Esempio 1. Vediamo alcuni esempi di monomi:

a;   3b;   10;   5ax;   −2y²;   0;   abcd

Dove le lettere presenti rappresentano come abbiamo visto valori numerici variabili.

Dove le lettere presenti rappresentano come abbiamo visto valori numerici variabili.

Al contrario non sono monomi:

a + b;   5 − x;   10⁄b;   m ∶ n;   ab + cd;   z−4

In quanto contengono altre operazioni.

In fisica ad esempio usiamo sempre i monomi, quando scriviamo il risultato di misure: 3cm, 1 litro, 2kg, 20 secondi, 50 MHz sono esempi di monomi, in quanto sono determinate quantità: nei problemi scolastici non ci interessa tanto quant'è lungo esattamente un centimetro, ma che è qualcosa uguale per tutti.

Più formalmente:

Un monomio è una espressione formata da una moltiplicazione tra numeri e lettere: il gruppo numerico è detto coefficiente, le lettere parte letterale.

Ad esempio in 8a, 8 è il coefficiente, a è la parte letterale.
Anche i numeri sono monomi: se vogliamo, sono i monomi più semplici che ci sono. Nel caso invece compaiano solo lettere, allora il coefficiente numerico è sottointeso e vale uno.
Infine se il coefficiente vale zero allora il monomio è chiamato monomio nullo e non ha parte letterale (infatti qualunque numero moltiplicato per zero fa zero).

Quindi riprendendo l'esempio 1, possiamo studiare i monomi:

  • il monomio a possiede coefficiente 1, parte letterale a;
  • il monomio 3b possiede coefficiente 3, parte letterale b;
  • il monomio 10 possiede coefficiente 10, non possiede parte letterale;
  • il monomio 5ax possiede coefficiente 5, parte letterale ax;
  • il monomio −2y² possiede coefficiente −2, parte letterale y²;
  • il monomio abcd; possiede coefficiente 1, parte letterale abcd.

Osservazione: un monomio può contenere anche altre operazioni, purché queste si possano risolvere o semplificare; le uniche che devono rimanere sono le moltiplicazioni o le potenze, nel caso si moltiplichino termini uguali; quindi in particolare il coefficiente numerico può esser costituito da un'espressione con qualunque operazione, infatti le operazioni tra numeri possono esser sempre risolte, mentre le operazioni tra lettere non sempre.
Vediamo un esempio.

Esempio 2. Proviamo a risolvere la seguente espressione:

(2 + 3) · a · b² · (− 3) · a² ∶ b · 0,1

Svolgimento: possiamo svolgere i calcoli, partendo da dentro le parentesi e ricordando che la moltiplicazione gode delle proprietà commutativa (possiamo scambiare l'ordine dei termini) e associativa (possiamo moltiplicare anche non in ordine).
Quindi intanto possiamo svolgere la somma nella prima parentesi e riordinare i termini presenti:

5 · a · b² · (− 2) · a² ∶ b · 0,1

5 · (− 3) · 0,1 · a · a² · b² ∶ b

Il prodotto dei numeri presenti ci fornisce il coefficiente numerico; osserviamo che possiamo anche svolgere le operazioni tra alcune lettere, aiutandoci con le proprietà delle potenze: moltiplicando (o dividendo) potenze con la stessa base si ottiene una potenza avente per base la stessa base e per esponente la somma (o la differenza) degli esponenti.

  • 5 · (− 3) · 0,1 = −1,5
  • a · a² = a³
  • b² ∶ b = b

Quindi otteniamo:

−1,5 · a³ · b

Conclusione: l'espressione corrisponde al monomio −1,5a³b, che possiamo scrivere anche:

−3⁄2 a³b

Un monomio è scritto in forma normale se:

  • possiede un solo coefficiente numerico (eventualmente con il segno, o scritto come frazione o radice), posto a sinistra, come primo termine;
  • la parte letterale è composta da lettere che non si ripetono, messe possibilmente in ordine alfabetico dopo il coefficiente.
  • ogni lettera presente può avere un esponente (ricordiamo che se non c'è esponente, è sottointeso che vale uno); le lettere non presenti è come se avessero esponente zero.

Il monomio −3⁄2 a³b ottenuto nell'esempio precedente è in forma normale; al contrario il monomio 2a3ca² non è in forma normale, poiché ci sono due numeri e la lettera a si ripete.

L'esponente di ogni lettera è chiamato grado del monomio rispetto a tale lettera; se una lettera non compare, il monomio ha grado 0 rispetto a tale lettera.

Se non è specificata alcuna lettera, possiamo definire il grado in generale:

Il grado di un monomio è la somma dei gradi di tutte le lettere che compaiono; se il monomio non possiede alcuna lettera, ha grado 0.

Ogni numero diverso da zero ha grado zero; sotto alcuni aspetti possiamo dire che il monomio nullo ha grado zero, anche se è più corretto dire che il monomio nullo non ha grado.

Vediamo qualche esempio:

Esempio 3. Analizziamo i gradi dei seguenti monomi 2a²b³c, 10x²y², 23.

  • 2a²b³c   ha grado 2 rispetto alla a, grado 3 rispetto alla b e grado 1 rispetto alla c, grado 0 rispetto a ogni altra lettera;
  • 10x²y²   ha grado 2 rispetto alla x e alla y, grado 0 rispetto a ogni altra lettera;
  • 23   non ha alcuna lettera, per cui possiamo dire che ha grado 0 rispetto ad ogni possibile lettera.

Quindi i gradi dei monomi sono:

  • 2a²b³c   ha grado 6 (2 + 3 + 1 = 6);
  • 10x²y²   ha grado 4 (2 + 2 = 4);
  • 23   ha grado 0.

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Addizione e sottrazione tra monomi


Come abbiamo visto nel discorso introduttivo nella pagina precedente, non sempre si possono sommare quantità reali: lo possiamo fare solo se sono dello stesso tipo; con i monomi vale un ragionamento analogo.

Partiamo intanto con il chiarire nel nostro contesto cosa vuol dire "esser dello stesso tipo".

Due monomi che hanno stessa parte letterale (esponenti compresi) sono detti simili.

Quindi due monomi simili dal nostro punto di vista sono dello stesso tipo, ad esempio sono simili tra loro:

3a²b   7a²b;   a²b;   −a²b;   0,8a²b

Mentre al contrario non sono simili tra loro:

3a²b   7ab²;   ab;   −a²;   0,8b

In quanto la parte letterale non si ripete mai ugualmente.

Riprendendendo quanto visto in precedenza, diciamo che:

Possiamo addizionare (e sottrarre) due monomi solo se sono simili. La somma (o la differenza) tra due monomi simili è un monomio anch'esso simile, che ha per coefficiente la somma (o la differenza) tra i coefficienti iniziali.

Il risultato di una somma algebrica tra monomi simili si ottiene svolgendo la somma algebrica tra i coefficienti numerici e riscrivendo uguale la parte letterale. In una somma algebrica valgono le normali regole dei segni in una addizione e in una sottrazione, oltre alle proprietà associativa e commutativa di cui gode l'addizione.

Esempio 4. Vediamo qualche esempio di somma e differenza tra monomi:

Esempi iniziali:

  • (+5x) + (+3x)   =   5x + 3x   =   +8x
  • (+7x) + (−2x)   =   7x − 2x   =   5x
  • (−x) + (−3x)   =   − x − 3x   =   −4x
  • (−4x) − (−3x)   =   − 4x + 3x   =   −x
  • (+6m) − (+6m)   =   (6 − 6)m   =   0m   =   0

Esempi con più termini:

  • 3a² + 2a² + (− a²)   =
    =   (3 + 2 − 1)a²   =   4a²
  • 3bc − (−bc) − (+7bc)   =
    =   (3 + 1 − 7)bc   =   −3bc
  • −4x³ + 9x³ − (+5x³) − (−x³)   =
    =   (− 4 + 9 − 5 + 1)x³   =   x³
  • 7z⁴ + z⁴ − 3z⁴   =   (7 + 1 − 3)z⁴   =   5z⁴

Nel caso in cui siano presenti termini non simili, questi non possono esser sommati; in tal caso conviene scrivere l'espressione come una somma di gruppi distinti:

  • 5n² − 3n² − n³ + n² + 2nn³   =
  • =   (5 − 3 + 1)n² + (−3 + 2)n³   =
  • =   3n² + (−1)n³   =
  • =   3n² − n³

Infine, due monomi sono opposti se sono simili e se i coeffienti letterali sono opposti, ossia hanno stesso valore assoluto e segno diverso.
La somma di due monomi opposti è sempre il monomio nullo.

(+28z) + (−28z) = 0

(−15cd) + (+15cd) = 0

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Moltiplicazione e divisione tra monomi


I monomi sono un prodotto tra numeri e lettere, sono quindi il risultato di una o più moltiplicazioni; ci possiamo chiedere: si possono moltiplicare o dividere i monomi tra loro?
Beh, qui si complica un po' la questione: riprendendo gli esempi iniziali, nella vita quotidiana la moltiplicazione e la divisione avvengono quasi sempre tra qualcosa e un numero semplice: se devo dare 5 euro a ognuno dei miei quattro amici non faccio 5 euro × 4 amici, ma solo 5 euro × 4, e ottengo come risultato 20 euro. In formule:

5 € × 4 = 20 €

Se poi questi 20 € devono esser distribuiti a 10 persone, devo fare:

20 € : 10 = 2 €

Posso moltiplicare due quantità tra loro? e due quantità diverse? Nella vita quotidiana in genere non ha molto senso, a meno che non ci ricolleghiamo a materie scientifiche come la geometria o la fisica.

Esempio 5. Ragioniamo su le misure in fisica: ha senso scrivere 3N × 2m, e cosa vuol dire?

Ricordiamo che in fisica 3N vuol dire 3 Newton e rappresenta una misura per l'intensità di una forza, mentre 2m vuol dire 2 metri e rappresenta la misura di una lunghezza. Matematicamente essi sono due monomi, quindi possiamo riscrivere:

3 × N × 2 × m

e, come abbiamo visto nell'esempio 2, possiamo riordinare i termini e moltiplicare i numeri, ottenendo:

6 × N × m

Come era facile supporre i coefficienti si possono moltiplicare, mentre il resto no, ma comunque resta legato dalla moltiplicazione; possiamo considerare N × m come una nuova parte letterale: quindi, 6 N m è un nuovo monomio.

In questo esempio particolare la parte letterale N × m si riscrive con un'unica lettera, J, ad indicare una misura (il Joule) per una nuova grandezza fisica, il lavoro.

Generalizzando quanto visto in questo esempio, possiamo scrivere che:

La moltiplicazione tra due monomi (anche diversi) si può sempre fare; il prodotto è un monomio avente per coefficiente il prodotto tra i coefficienti iniziali e per parte letterale l'unione di tutte le lettere presenti; in caso di lettere uguali i loro esponenti si sommano.

Ad esempio 2a³bc × 5b = 10ab, e ab può esser considerata una nuova quantità, diversa sia da a che da b.
Se due monomi sono simili, possiamo utilizzare le potenze per semplificare la scrittura (come si fa in geometria):

2cm × 3cm = 6cm²

Analogamente:

4a × 5a = 20a²

La divisione al contrario non sempre va bene: possiamo dividere due monomi tra loro solo il dividendo (il primo) contiene tutte le lettere del divisore (il secondo),con i loro esponenti.

Esempio 6. Vediamo alcuni casi di divisione tra monomi:

  • 3a ∶ 3a = 1   (caso semplice)
  • 4a ∶ 2a = 2   (caso ancora semplice)
  • 3a ∶ 10 = 0,3a   (i coefficienti possono sempre esser divisi)
  • 6ab ∶ 2b = 3a   (la b si semplifica)
  • 3a³b² ∶ 2ab = 3⁄2 a²b   (caso generale)
  • 6a ∶ b = ???   (in questo caso non possiamo fare la divisione!)

Nel caso in cui la divisione non possa esser svolta, allora il risultato non si può scrivere; questo però non vuol dire che l'operazione è impossibile, vuol dire solo che il risultato non è un monomio, ma una generica espressione letterale.
Inoltre, come avviene in aritmentica, non si può dividere alcun numero per zero, percui se in una divisione tra monomi il divisore è il monomio nullo, l'operazione non ha significato e quindi non può essere svolta.

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Potenza e radice


L'operazione di elevamento a potenza corrisponde ad una moltiplicazione tra termini uguali; elevare a potenza un monomio vuol dire quindi moltiplicarlo per se stesso tante volte, quanto è il valore dell'esponente:

(3a²b) ³   =   (3a²b) × (3a²b) × (3a²b)

Quindi di fatto ci ricolleghiamo a quanto visto con le moltiplicazioni, moltiplicando tra loro i coefficienti e sommando gli esponenti delle lettere uguali:

(3a²b) × (3a²b) × (3a²b)   =   27a⁶b³

Di conseguenza per elevare a potenza un monomio occorre ripetere pi&ugrè volte le regole delle moltiplicazioni; ovviamente possiamo applicare una scorciatoia, usando le regole delle potenze:

(3a²b) ³   =   (3) ³ (a²) ³ (b) ³   =   27a⁶b³

In questo caso per le lettere abbiamo applicato la regola che la potenza di una potenza ha per base la stessa base e per esponente il prodotto degli esponenti.

Quindi la regola generale è:

La potenza di un monomio elevato ad un esponente n è un monomio avente per coefficiente la potenza n-ma del coefficiente iniziale e per parte letterale le stesse lettere iniziali, ma con esponenti tutti moltiplicati per l'esponente n.

Si conservano tutte le proprietà delle potenze studiate in aritmentica, in particolare:

  • ogni monomio elevato alla 1 rimane così com'è;
  • ogni monomio (eccetto il monomio nullo) elevato alla 0 diventa 1;
  • ogni monomio (eccetto il monomio nullo) elevato ad un esponente negativo diventa il reciproco, e in genere non è più un monomio.

Anche le radici hanno un comportamento simile, in quanto l'estrazione a radice è l'operazione inversa dell'elevamento a potenza; tuttavia, come osservato per le divisioni, anche per le radici non sempre l'operazione può esser svolta, quindi non sempre il risultato è un nuovo monomio; inoltre ricordiamo che, per le radici con indice pari, il radicando non deve esser negativo.

La radice n-ma di un monomio è (se esiste) un monomio avente per coefficiente la radice n-ma del coefficiente iniziale e per parte letterale le stesse lettere iniziali, ma con esponenti tutti divisi per l'indice n.

Quindi per poter svolgere la radice è necessario che tutti gli esponenti iniziali siano divisibili per l'indice della radice.
Vediamo alcuni esempi di potenze e radici di monomi:

Esempio 7. Esempi di potenze di monomi:

  • (a b) ³   =   a³ b³
  • (8 e⁴) ²   =   64 e⁸
  • (−2 x) ⁷   =   −128 x⁷
  • (−3 y z³) ⁴   =   81 y⁴ z¹²
  • (15 c⁵) ⁰   =   1
  • (a² c) ⁻³   =   a⁻⁶ c⁻³   (non è un monomio)

Esempi di radici di monomi:

  • 16 a⁴ b⁶   =   4 a² b³   (se b ≥ 0)
  • ³√125 m³ n⁶   =   5 m n²
  • ³√− 27 p¹² q³ t⁹   =   −3 p⁴ q t³
  • ⁴√5 x⁴   =   ⁴√5 x   (se x ≥ 0)
  • ⁴√5 x   =   ???   (non si può risolvere)
  • ⁴√−5 x⁴   =   ???     (il coefficiente non è un numero reale)

Osserviamo che nei primi quattro casi la radice si può svolgere e si ottiene come risultato un nuovo monomio; in particolare il quarto mantiene solo una radice numerica, quindi va bene.
Nel quinto caso il risultato esiste, ma dal momento che la lettera non può uscire dalla radice, non è un monomio.
Infine del sesto caso il risultato non esiste, in quanto il coefficiente non è un numero reale.

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